Il termine Carnevale, che deriva probabilmente
dal latino carnem levare ovvero “togliere la carne”, indica
il banchetto che si teneva il martedì grasso, ovvero l’ultimo
giorno di Carnevale, e contemporaneamente l’inizio del periodo
di quaresima, tempo di digiuno e purificazione per i credenti in attesa
della Pasqua.
Secondo il calendario liturgico, questo periodo di festa inizia
il giorno dell’Epifania e termina il mercoledì delle Ceneri; per il rito ambrosiano,
dal momento che la quaresima inizia più tardi, la festa dura fino al sabato che precede la
prima domenica di quaresima (questo periodo è chiamato “Carnevalone”).
Anticamente febbraio (dal latino februare che significa “purificare”) era il mese
dei riti di purificazione, tenuti in onore del dio etrusco Februus e della dea romana Febris;
di commemorazione dei defunti, poiché segnava il passaggio dall’inverno alla primavera e permetteva
un contatto con l’aldilà; dei riti di
fecondazione, come nelle antichissime feste dei Lupercali in onore di Marte e del dio Fauno.
Durante il periodo che noi comunemente chiamiamo Carnevale nell’antica Roma, quindi, si celebrava
la fertilità della terra che, dopo il torpore invernale, tornava a rivivere e nutrire uomini e animali.
Per il loro carattere, l’antica festa romana dei Saturnalia (dedicata al dio Saturno) e le Dionisie greche
(in onore del dio Dionisio) ricordano da vicino il nostro Carnevale.
Nel Medioevo, quindi, il Carnevale continua a garantire l’allegria e la sospensione
momentanea delle regole e della morale comune. Gli uomini vestivano abiti femminili, i ricchi si
travestivano da poveri, perché secondo antica tradizione semel in anno licet insanire…è lecito essere
folli una volta l’anno! I banchetti e i rituali erano accompagnati da danze dedicate anch’esse alla divinità
della terra. Così, ad esempio, il “saltarello” laziale (antica danza popolare) imitava con i suoi movimenti
sinuosi il crescere delle spighe di grano nei campi.